LA POTENZA E L'IMMEDIATEZZA DI SIMBOLI MILLENARI
L'Ape e la Spiga nel Regno d'Italia

a cura di Giuseppe Scopa

PREFAZIONE
Mi commuove l'idea che, soprattutto nel nostro Paese, sia stata applicata tanta arte e tanta cura nel coniare tondelli destinati a finire sul bancone di un macellaio o nel cappello di un suonatore di strada. E desideravo celebrare queste piccole gemme in uno spazio virtuale ricco di persone tanto esperte e sensibili in materia.

Giuseppe Scopa

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Due modesti spicci emessi per la prima volta poco più di un secolo fa, nel pieno di una pandemia, con una sanguinosa guerra alle spalle e nel mezzo di una crisi politica ed economica senza precedenti per il giovane Regno d'Italia.
Con la loro nobile semplicità ed eleganza senza tempo sono stati testimoni silenziosi delle piccole spese, delle gioie e delle preoccupazioni quotidiane di migliaia di italiani per quasi vent'anni. Fino al 1937, quando verranno definitivamente mandati in pensione da una divisionale più roboante e magniloquente, intonata al nuovo imperialismo, con un singolare ritardo sulla monetazione in oro e argento, che si era già adeguata al nuovo spirito del tempo.

Modernità di composizione ed eleganza del modellato

Il mirabile equilibrio in quello spazio rotondo perfettamente tripartito da una spiga che lo attraversa, geometrica eppure molto concreta, con la data da un lato e quella foglia libera e così naturalistica dall'altro. Oppure il gioco di cerchi tra la forma dell'ape, il papavero, lo stelo e l'indicazione del valore. La bravura nel riuscire a utilizzare per intero e anzi a valorizzare uno spazio circolare, senza buttarsi su soluzioni banali come il piano d'appoggio costituito da un esergo o la solita legenda nel giro a fare da cornice.


Si tratta degli unici due nominali che continuarono ad essere emessi, dopo le leggi "fascistissime" e per buona parte degli anni Trenta, senza recare immagini del fascio littorio. Il buono da 1 lira e i 50 cent con i leoni, pur molto trionfalistici nell'iconografia, furono infatti limitati a coniazioni speciali dopo il 1928 e progressivamente ritirati dalla circolazione dopo il 30. Curioso che il regime, che aveva tanto a cuore la propaganda, non avesse pensato ad apporre il suo simbolo su moneta spicciola tanto usata. Si vede che erano molto graditi e ormai facilmente riconosciuti dalla popolazione.

Autori dei modelli e delle incisioni il veterano Attilio Silvio Motti, responsabile del ritratto del sovrano sui diritti e del rovescio da 5 cent, e Renato Brozzi, autore del modello per il rovescio da 10. Quest'ultimo, scultore, orafo e medaglista emiliano, diventerà in quegli anni uno stretto collaboratore di Gabriele d'Annunzio nella decorazione del Vittoriale. Questa è la sua unica opera su moneta.

Renato Brozzi, cesellatore e scultore affermato, in un ritratto fotografico datato 1923 (Museo Renato Brozzi)

Equidistanti sia dalla flessuosa retorica di Calandra, Canonica e Bistolfi, che li precedono, sia dai volumi squadrati e marziali delle divisionali del Ventennio a venire, Motti e Brozzi scelgono la potenza e l'immediatezza di simboli millenari. L'ape laboriosa e la spiga fruttifera, desunti dalla monetazione di Efeso e Metaponto, vengono trasposti sui piccoli tondelli con una sensibilità moderna eppure profondamente rispettosa dei modelli. Due piccoli gioielli destinati a sopravvivere ai rivolgimenti politici di quegli anni e a restare immuni dalla retorica più scontata, circonfusi come sono dalla quieta grandezza dei modelli antichi.

10 Ape 5 Spiga Dritto

Dritto delle due monete (collezione privata)

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